Che cos’è e a quanto ammonta l’assegno di mantenimento al coniuge dopo la separazione o il divorzio? Questo argomento complesso e delicato riguarda le disposizioni legali e patrimoniali che regolano l’assistenza economica tra ex coniugi. L’assegno di mantenimento è una somma di denaro stabilita dal giudice, o dalle parti in caso di accordo, destinata a garantire il sostentamento del coniuge economicamente più debole.
La determinazione del suo importo tiene conto di vari fattori, tra cui il tenore di vita durante il matrimonio, le condizioni economiche di entrambe le parti, e la durata del matrimonio stesso. In questo articolo, andremo ad analizzare tutti gli aspetti legali e patrimoniali, comprese le spese, le modalità di calcolo dell’assegno e le possibili modifiche nel tempo.
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L’assegno di mantenimento per il coniuge è una forma di sostegno economico destinata al coniuge che non dispone di redditi sufficienti per soddisfare le proprie necessità. Il coniuge con maggiori risorse economiche è tenuto a sostenere quello in difficoltà o comunque a garantire allo stesso il medesimo tenore di vita precedente alla separazione. La condizione essenziale per l’imposizione di tale obbligo è l’assenza di redditi adeguati da parte del coniuge beneficiario e l’impossibilità per lo stesso di procurarseli in ragione delle sue condizioni personali. La fine del vincolo matrimoniale, sia attraverso la separazione che il divorzio, può comportare implicazioni fiscali, poiché il coniuge obbligato deve provvedere, a determinate condizioni, al mantenimento dell’altro, garantendo il diritto agli alimenti e il suo mantenimento.
In caso di separazione o divorzio, uno dei coniugi può trovarsi in una situazione economica svantaggiata, non avendo un reddito proprio sufficiente per il proprio sostentamento. L’assegno di mantenimento è regolamentato dalla legge italiana e, in molti casi, uno dei coniugi è tenuto a versare una somma di denaro mensile all’altro. Questo obbligo può esistere sia in presenza che in assenza di figli e può essere stabilito durante la fase di separazione o successivamente, dopo il divorzio. La modalità di erogazione dell’assegno e la determinazione della parte obbligata sono stabilite tramite accordi specifici per ogni caso e in caso di disaccordo tra le parti, con l’intervento del tribunale.
Affinché un coniuge abbia diritto all’assegno di mantenimento, si devono prendere in considerazione e verificate le seguenti condizioni:
L’assegno di mantenimento è periodico e può essere erogato in diverse forme, come una somma unica di denaro o suddivisa in più voci di spesa, ad esempio per il canone di affitto dell’abitazione coniugale o per gli oneri condominiali. La durata dell’assegno di mantenimento può variare notevolmente: può essere corrisposto per tutta la vita o cessare pochi mesi dopo l’inizio. Ad esempio, se una moglie disoccupata al momento dell’assegnazione dell’assegno trova un lavoro adeguato dopo pochi mesi, o se l’ex coniuge beneficiario inizia a convivere con un’altra persona, il coniuge erogante può richiedere al giudice la cessazione del proprio obbligo.
L’assegno di mantenimento, noto come assegno divorzile dopo il divorzio, è dovuto quando esiste una disparità economica tra i due ex coniugi e il coniuge con reddito inferiore non è in grado di mantenersi autonomamente.
L’assegno di mantenimento non è dovuto se il coniuge meno abbiente possiede risorse sufficienti per rendersi autonomo e non ha sacrificato la sua carriera professionale per la vita famigliare. Ad esempio, un insegnante che riceve uno stipendio mensile di 1.500 euro, nonostante l’ex marito sia molto più ricco, non ha diritto al contributo mensile se la sua posizione lavorativa non è frutto del sacrificio effettuato per la vita coniugale al fine di favorire la carriera professionale del coniuge. La semplice differenza di reddito tra gli ex coniugi non giustifica l’assegno di mantenimento.
Il giudice, infatti, deve accertare se la disparità economica sia una conseguenza di scelte condivise dai coniugi durante il matrimonio nella distribuzione dei ruoli. Questo avviene quando il coniuge economicamente più debole ha rinunciato alle proprie opportunità di crescita professionale per dedicarsi alla famiglia, alla casa e alla gestione dei figli. Ad esempio, una madre che rinuncia a lavorare o accetta un lavoro part-time per fare la casalinga.
Se uno dei due coniugi è economicamente svantaggiato non per propria colpa, ma per il contributo dato alla formazione del patrimonio familiare, ha diritto a ricevere l’assegno di mantenimento. Per ottenere tale assegno, è necessario verificare se il coniuge richiedente, nonostante la disoccupazione o le difficoltà economiche, sia ancora in grado di trovare un’occupazione a causa della giovane età e delle potenzialità lavorative (Trib. Castrovillari, sent. 17/06/2022 n. 139/2022). Questo può dipendere dal possesso di un titolo professionale, esperienze lavorative precedenti o una formazione post-scolastica.
Oltre all’età del richiedente, deve essere considerata anche la durata del matrimonio, che può aver influenzato l’allontanamento dal mondo del lavoro. In un matrimonio di breve durata, la distanza del coniuge più debole dalle opportunità lavorative non può aver causato un distacco incolpevole tale da giustificare l’assegno di mantenimento.
L’assegno di mantenimento all’ex coniuge viene stabilito dal Giudice su richiesta del coniuge che ne ha diritto e possiede le condizioni previste. Il calcolo dell’importo si basa su un processo di accertamento del tenore di vita dei coniugi al momento del matrimonio. Successivamente, si verifica se il coniuge richiedente possiede i mezzi economici adeguati e sufficienti a mantenere lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio.
Per schematizzare, il tenore di vita durante il matrimonio è il punto di riferimento principale per determinare l’importo dell’assegno di mantenimento. Generalmente, le variabili utilizzate dai giudici includono:
Questi fattori aiutano a stabilire una stima equa e bilanciata dell’assegno di mantenimento, garantendo che il coniuge beneficiario possa mantenere un livello di vita simile a quello avuto durante il matrimonio, fermi restando i criteri “compensativi – perequativi” sopra indicati che si riferiscono alle rinunce professionali per la vita famigliare.
I versamenti periodici di denaro effettuati all’ex coniuge sono considerati oneri deducibili ai fini IRPEF, come previsto dall’articolo 10, comma 1, lettera c) del DPR n. 917/86. Tuttavia, è importante notare che solo i versamenti derivanti da:
sono agevolabili. L’importo deducibile è quello stabilito nella misura indicata nel provvedimento dell’autorità giudiziaria. In pratica, la deducibilità fiscale ai fini IRPEF è valida solo se vi è un provvedimento del Giudice che determina l’importo da corrispondere o comunque un accordo raggiunto con la stipula di una convenzione di negoziazione assistita.
L’assegno di mantenimento può essere stabilito in maniera permanente o temporanea, ma esistono situazioni specifiche in cui esso cessa di esistere. Ecco le principali cause di cessazione dell’assegno:
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